Il mondo del vino italiano non smette mai di stupire, unendo tradizione e innovazione per creare prodotti unici e inimitabili. Tra le pratiche più affascinanti degli ultimi anni c’è l’affinamento in mare, una tecnica che trasforma le profondità marine in cantine naturali capaci di esaltare le caratteristiche dei vini e anche dei distillati.
Questa metodologia, inizialmente accolta con curiosità e scetticismo, sta mostrando un interesse crescente anche alla luce dei primi dati scientifici che ne evidenziano il potenziale per produrre cambiamenti organolettici e sensoriali unici nei vini.
Nelle profondità del mare si creano le condizioni ottimali per l’affinamento del vino: una temperatura costante che lo protegge da sbalzi termici, un’assenza di luce e una delicata microssigenazione che ne preserva l’integrità. Inoltre, il movimento costante generato dalle correnti favorisce l’integrazione degli ingredienti all’interno delle bottiglie, garantendo un’armonia degustativa unica.
Il risultato è un vino che conquista il gusto e affascina la vista: le bottiglie incrostate di coralli, conchiglie e altri elementi naturali, diventano autentici pezzi da collezione dagli appassionati del genere.
Il viaggio italiano nell’affinamento in mare inizia grazie alla mente visionaria di Pierluigi (Piero) Lugano dell’azienda Bisson, che nel 2009 immerge 6.500 bottiglie di spumante Metodo Classico nelle acque al largo di Portofino, in Liguria. A 60 metri di profondità, a una temperatura costante di 15°C, le bottiglie riposano per 26 mesi, dando vita al celebre “Abissi”. Questo spumante, disponibile oggi anche nelle versioni Rosé e Riserva, è il fiore all’occhiello dell’intera produzione vinicola aziendale e rappresenta non solo un successo commerciale ma un simbolo dell’innovazione enologica italiana.
Da allora, l’interesse per il cantinamento subacqueo si è diffuso lungo tutta la penisola, coinvolgendo un numero sempre maggiore di realtà vinicole, nonostante la produzione interessi solo una nicchia di mercato.
Una spinta significativa alla diffusione della pratica è stata data dalla società Jamin Underwater Wines, costituitasi a Portofino nel 2015, prima società italiana ad aver investito sui vini subacquei e nello sviluppo di un metodo brevettato. La combinazione di tecnologia e sostenibilità ha permesso di affinare i vini in condizioni ottimali. Il sistema prevede l’immersione in mare di gabbie modulari contenenti circa 500 bottiglie, monitorate continuamente tramite sensori connessi a una piattaforma blockchain, a garanzia della tracciabilità e della qualità di ogni singola bottiglia.
Oltre ad offrire servizi di cantinamento per conto terzi, la società Jamin ha aperto la strada all'affiliazione in franchising, rendendo accessibile il know-how acquisito a chiunque abbia spirito imprenditoriale e voglia esplorare questa innovativa tecnica enologica.
La rete in franchising di cui la società Jamin è capofila conta al momento 4 cantine subacquee affiliate: Ravenna in Emilia-Romagna, Termoli in Molise, Acquappesa in Calabria e Scarlino in Toscana.
La cantina di Termoli, “Le Profondità”, risulta essere ad oggi la più grande cantina subacquea italiana. Nata dalla start-up, tutta al femminile, “Cobalto”, rappresenta un grande valore simbolico per il territorio. Nelle acque marine della costa molisana vengono immerse bottiglie di Tintilia e Falanghina, vini rappresentativi della produzione enoica regionale, a dimostrazione che anche piccole realtà possono competere con produzioni più consolidate grazie a idee innovative.