Un viaggio nella tradizione vinicola della Basilicata
Nascosto tra le colline lucane, ai margini di Pietragalla, un borgo in provincia di Potenza, si trova un luogo dal fascino senza tempo: il Parco dei Palmenti. Qui, una sessantina di costruzioni semi-ipogee, scavate nella roccia e ricoperte da uno strato erboso, raccontano una storia antica di ingegno contadino e di passione per il vino.
Questi edifici, simili a piccole case dalle forme tondeggianti, evocano scenari fiabeschi e trasportano i visitatori in un’epoca in cui la vinificazione era un rito collettivo. Oggi, i Palmenti di Pietragalla rappresentano un’eccezionale testimonianza dell’architettura rurale lucana e del legame profondo tra l’uomo e il suo territorio.
Cosa sono i palmenti e da dove deriva il loro nome?
Il termine "palmenti" sembra derivare dal latino paumentum, a sua volta legato al verbo pavire, che significa pigiare, battere coi piedi. Questa etimologia richiama il gesto fondamentale della produzione vinicola antica: la pigiatura dell’uva con i piedi, una pratica che per secoli ha segnato la vita contadina.
Realizzati a partire dalla prima metà del XIX secolo, i palmenti di Pietragalla erano utilizzati per la pigiatura e la fermentazione del mosto, prima che il vino venisse trasferito nelle cantine ipogee, chiamate "rutt".
Un'architettura funzionale e ingegnosa
La struttura dei palmenti era studiata per ottimizzare il processo di vinificazione. Costruiti con la locale pietra arenaria, dal tipico colore giallastro, presentavano caratteristiche uniche:
- Tre vasche comunicanti:
- Vasca di pigiatura – Qui l’uva veniva schiacciata, liberando il succo.
- Vasca di fermentazione – Il mosto sostava per avviare il processo di trasformazione.
- Vasca di raccolta – Il vino, filtrato, veniva raccolto per essere trasportato.
- Muri spessi e posizione semi-ipogea: garantivano una temperatura costante, ideale per la fermentazione.
- Aperture strategiche sulla facciata: favorivano la ventilazione e impedivano il ristagno dell’umidità.
Dopo la fermentazione, il vino veniva trasportato in barili di legno, caricati a dorso di muli o asini, e trasferito nelle cantine ipogee, le "rutt", situate nell’area nord-ovest del paese. Qui il vino veniva travasato nelle botti per completare il suo affinamento.
Il declino e la rinascita dei palmenti
Con l’avvento delle moderne tecniche di vinificazione, i palmenti sono stati progressivamente abbandonati. Dalla fine degli anni ‘60, nessuno li ha più utilizzati, ad eccezione di un’unica realtà ancora attiva che ha preservato questa antica pratica.
Oggi, il Parco dei Palmenti di Pietragalla ha trovato una nuova vocazione: è diventato una meta turistica e culturale, attirando visitatori affascinati dalla storia e dalla bellezza di queste antiche strutture.
Un luogo riconosciuto e valorizzato
L’importanza storica e culturale di questo sito non è passata inosservata. Il FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano ha riconosciuto i Palmenti di Pietragalla come uno dei suoi "Luoghi del Cuore", sottolineando il valore di questa eredità.
Oltre ad essere un tesoro architettonico, il parco rappresenta un frammento autentico di vita contadina, un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato. Visitandolo, è possibile immergersi in un’atmosfera sospesa tra passato e presente, scoprendo una delle più affascinanti testimonianze della tradizione vinicola lucana.