I vini delle sabbie: un patrimonio enologico “fuori dal comune”

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La viticoltura italiana è sorprendentemente varia, e tra i suoi tesori meno noti ci sono i cosiddetti “vini delle sabbie”, prodotti in territori con suoli sabbiosi o a prevalenza sabbiosa (oltre il 60%). Terreni poveri di nutrienti, ma ricchi di potenziale: leggeri, permeabili, facili da lavorare. Le viti qui crescono in condizioni estreme e danno origine a vini dall’anima gentile ma vivace: freschi, profumati, leggeri nel corpo e nel colore, con basso tenore alcolico e una beva piacevolissima.

 

Questi vini non sono figli dell’enologia muscolare, bensì della tradizione contadina più verace, quella legata a uno stile di consumo quotidiano, semplice e spontaneo. Vini da bere giovani, in compagnia, davanti a un tagliere di salumi o a una grigliata di pesce d’acqua dolce.

 

Il Bosco Eliceo: un terroir raro tra sabbia, mare e storia

 

Il cuore di questa tipologia si trova nel Parco Regionale del Delta del Po, tra la foce del Reno e le bocche del grande fiume. Siamo nel Ferrarese, in una zona battuta dalla brezza marina, dove la nebbia sale densa e i terreni, impregnati di salinità, respingono persino la fillossera: qui le viti crescono su piede franco, ovvero non innestate su radici americane. Una rarità assoluta in Europa.

 

È in questo scenario tanto ostile quanto suggestivo che nasce la Denominazione di Origine Controllata Bosco Eliceo, il cui nome richiama gli antichi boschi di lecci un tempo estesi lungo la costa. La DOC ha una produzione limitata, ma identitaria: vini sinceri, profondamente legati al territorio, da varietà internazionali come Merlot e Sauvignon, e soprattutto da vitigni autoctoni come il Trebbiano, la Malvasia bianca di Candia e il Fortana.

 

Fortana: un rosso frizzante, antico e popolare

 

Il Fortana, noto anche come Uva d’Oro, è il vitigno simbolo di questa zona. Coltivato sin dal Medioevo, secondo la leggenda fu importato dalla Borgogna a Ferrara nel Cinquecento grazie al matrimonio tra Renata di Francia ed Ercole II d’Este, diventando un patrimonio genetico ed enologico della corte estense.

 

È un vitigno rustico e produttivo, amato dai contadini anche per la sua resistenza alle condizioni difficili del territorio. La sua produttività gli è valsa il soprannome di “fruttana”, da cui deriverebbe il nome. I vini che ne derivano sono in prevalenza frizzanti, ottenuti con rifermentazione naturale in bottiglia o in autoclave, e ricordano nello stile i Lambruschi, ma con una personalità tutta propria.

 

Al calice, il Fortana si presenta con un bel colore rosso rubino brillante, una spuma vivace, un naso vinoso e fragrante, e un sorso asciutto, fresco, di buona acidità. È perfetto con i piatti tipici della cucina ferrarese, dai salumi (come la salama da sugo) all’anguilla delle valli di Comacchio, regina della tavola locale, servita marinata, alla griglia o in umido.

 

Un vino (ri)scoperto: da rustico quotidiano a simbolo territoriale

 

A lungo relegato a un consumo familiare e locale, il Fortana oggi sta vivendo una piccola rinascita. Alcune cantine ne stanno valorizzando le potenzialità con un lavoro attento in vigna e in cantina. Si punta su vinificazioni più curate, sull'identità territoriale, e su un ritorno al vino come prodotto quotidiano, sincero, che racconta un luogo.

 

I vini delle sabbie del Bosco Eliceo, e il Fortana in particolare, rappresentano una delle espressioni più autentiche della viticoltura italiana: vini che non cercano l’effetto wow, ma parlano la lingua della terra, della memoria, della convivialità. Bere un Fortana è bere un pezzo di storia del Delta.

Evelina Guerreschi

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